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Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013

Recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 78, paragrafo 2, lettera d),

vista la proposta della Commissione europea,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

previa consultazione del Comitato delle regioni,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

(1)

È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (3). Per ragioni di chiarezza, è opportuno provvedere alla rifusione di tale direttiva.

(2)

Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell'Unione. Tale politica dovrebbe essere governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.

(3)

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («convenzione di Ginevra»), affermando in questo modo il principio di «non-refoulement» (non respingimento) e garantendo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione.

(4)

Le conclusioni di Tampere prevedono che il regime europeo comune in materia di asilo debba stabilire, a breve termine, norme comuni per procedure di asilo eque ed efficaci negli Stati membri e che, nel lungo periodo, le norme dell'Unione debbano indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo nell'Unione.

(5)

La prima fase di un sistema europeo comune di asilo è stata completata con l'adozione dei pertinenti strumenti giuridici previsti dai trattati, tra cui la direttiva 2005/85/CE, che costituisce un primo passo in materia di procedure di asilo.

(6)

Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato il programma dell'Aia, determinando gli obiettivi da conseguire nel periodo 2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al riguardo, il programma dell'Aia invitava la Commissione europea a concludere la valutazione degli strumenti giuridici adottati nella prima fase e a sottoporre al Parlamento europeo e al Consiglio gli strumenti e le misure relativi alla seconda fase. Conformemente al programma dell'Aia, l'obiettivo che sottende la creazione del regime europeo comune in materia di asilo è l'istaurazione di una procedura comune di asilo e di uno status uniforme valido in tutta l'Unione.

(7)

Nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, adottato il 16 ottobre 2008, il Consiglio europeo ha rilevato che sussistevano forti divergenze fra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e sollecitava ulteriori iniziative, compresa una proposta di procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni, per completare l'istituzione, prevista dal programma dell'Aia, di un sistema europeo comune di asilo.

(8)

Nella riunione del 10-11 dicembre 2009 il Consiglio europeo ha adottato il programma di Stoccolma, ribadendo l'impegno per il raggiungimento dell'obiettivo di istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d'asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, e fondato su norme elevate in materia di protezione e su procedure eque ed efficaci. Secondo il programma di Stoccolma, le persone che necessitano di protezione internazionale devono avere un accesso garantito a procedure di asilo giuridicamente sicure ed efficaci ed è essenziale che agli interessati sia riservato un trattamento di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale. L'obiettivo consiste nell'assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato.

(9)

È opportuno mobilitare le risorse del Fondo europeo per i rifugiati e dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), per fornire sostegno adeguato agli sforzi degli Stati membri nell'attuazione delle norme stabilite nella seconda fase del sistema europeo comune di asilo e a quegli Stati membri, in particolare, i cui sistemi nazionali di asilo subiscono pressioni specifiche e sproporzionate a causa, per lo più, della loro situazione geografica o demografica.

(10)

Nell'attuazione della presente direttiva, è opportuno che gli Stati membri tengano conto dei pertinenti orientamenti elaborati dall'EASO.

(11)

Onde garantire una valutazione completa ed efficiente delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti ai sensi della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (4), è opportuno che il quadro dell'Unione sulle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale si fondi sul concetto di una procedura unica.

(12)

Obiettivo principale della presente direttiva è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell'Unione.

(13)

Il ravvicinamento delle norme sulle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti alla diversità delle normative, e a creare condizioni equivalenti per l'applicazione negli Stati membri della direttiva 2011/95/UE.

(14)

Gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è bisognosa di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

(15)

Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti.

(16)

È indispensabile che le decisioni in merito a tutte le domande di protezione internazionale siano adottate sulla base dei fatti e, in primo grado, da autorità il cui organico dispone di conoscenze adeguate o ha ricevuto la formazione necessaria in materia di protezione internazionale.

(17)

Al fine di garantire che le domande di protezione internazionale siano esaminate e le decisioni prese in modo obiettivo e imparziale, è necessario che i professionisti che agiscono nell'ambito delle procedure previste dalla presente direttiva svolgano le loro attività nel debito rispetto dei principi deontologici applicabili.

(18)

È nell'interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

(19)

Per abbreviare in taluni casi la durata globale della procedura, gli Stati membri dovrebbero avere la flessibilità, conformemente alle loro esigenze nazionali, di dare la priorità all'esame di qualsiasi domanda esaminandola prima di altre domande presentate in precedenza, senza derogare ai tempi, ai principi e alle garanzie procedurali applicabili normalmente.

(20)

In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata o vi sono gravi preoccupazioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

(21)

Fintantoché un richiedente sia in grado di motivare debitamente, la mancanza di documenti relativi all'ingresso o l'uso di documenti falsi non dovrebbero di per sé comportare un ricorso automatico alle procedure di frontiera o accelerate.

(22)

È altresì nell'interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti garantire un corretto riconoscimento delle esigenze di protezione internazionale già in primo grado. A tale scopo i richiedenti dovrebbero ricevere già in primo grado, gratuitamente, informazioni giuridiche e procedurali, in funzione delle loro situazioni particolari. Tali informazioni dovrebbero tra l'atro consentire loro di comprendere meglio la procedura e aiutarli a rispettare gli obblighi in materia. Sarebbe sproporzionato chiedere agli Stati membri di fornire tali informazioni solo avvalendosi dei servizi di giuristi qualificati. Gli Stati membri dovrebbero quindi avere la possibilità di utilizzare gli strumenti più appropriati per fornire tali informazioni, ad esempio tramite organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati.

(23)

È opportuno che nei procedimenti di ricorso i richiedenti possano usufruire, in presenza di determinate condizioni, dell'assistenza e rappresentanza legali gratuite fornite da persone competenti ai sensi del diritto nazionale, e che in tutte le fasi del procedimento abbiano il diritto di consultare, a proprie spese, avvocati o consulenti legali ammessi o autorizzati a tal fine dal diritto nazionale.

(24)

La nozione di ordine pubblico può, tra l'altro, contemplare una condanna per aver commesso un reato grave.

(25)

Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l'opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale contempli di norma per il richiedente almeno: il diritto di rimanere in attesa della decisione dell'autorità accertante; la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità; la possibilità di comunicare con un rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con altre organizzazioni che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale; il diritto a un'appropriata notifica della decisione e della relativa motivazione in fatto e in diritto; la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale; il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che capisce o è ragionevole supporre possa capire; e, in caso di decisione negativa, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(26)

Al fine di garantire l'effettivo accesso alla procedura di esame, è opportuno che i pubblici ufficiali che per primi vengono a contatto con i richiedenti protezione internazionale, in particolare i pubblici ufficiali incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o delle verifiche di frontiera, ricevano le pertinenti informazioni e la formazione necessaria per riconoscere e trattare le domande di protezione internazionale tenendo debitamente conto, tra l'altro, dei pertinenti orientamenti elaborati dall'EASO. Essi dovrebbero essere in grado di dare ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi presenti sul territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, e che manifestano l'intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale, le pertinenti informazioni sulle modalità e sulle sedi per presentare l'istanza. Ove tali persone si trovino nelle acque territoriali di uno Stato membro, è opportuno che siano sbarcate sulla terra ferma e che ne sia esaminata la domanda ai sensi della presente direttiva.

(27)

Considerato che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l'intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale, essi dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente alla presente direttiva e alla direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del .26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (5). A tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale.

(28)

Per agevolare l'accesso alla procedura di esame ai valichi di frontiera e nei centri di trattenimento, è opportuno che siano rese disponibili informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale. È opportuno poi che sia garantita, con appositi servizi di interpretazione, la comunicazione di base necessaria per consentire alle autorità competenti di comprendere se le persone interessate dichiarino l'intenzione di chiedere protezione internazionale.

(29)

Taluni richiedenti possono necessitare di garanzie procedurali particolari, tra l'altro, per motivi di età, genere, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, grave malattia psichica o in conseguenza di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per individuare i richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari prima che sia presa una decisione in primo grado. A tali richiedenti è opportuno fornire un sostegno adeguato, compreso tempo sufficiente, così da creare i presupposti necessari affinché accedano effettivamente alle procedure e presentino gli elementi richiesti per istruire la loro domanda di protezione internazionale.

(30)

Qualora un sostegno adeguato non possa essere fornito a un richiedente che necessita di garanzie procedurali speciali nell'ambito di procedure accelerate o di frontiera, tale richiedente dovrebbe essere esonerato da tali procedure. L'esigenza di garanzie procedurali particolari che potrebbero evitare l'applicazione di procedure accelerate o di frontiera dovrebbero significare altresì che al richiedente siano fornite garanzie supplementari nei casi in cui il suo ricorso non abbia un effetto sospensivo automatico, al fine di renderlo effettivo in circostanze specifiche.

(31)

Le misure nazionali dirette a identificare e documentare i sintomi e i segni di tortura o altri gravi atti di violenza fisica o psicologica, compresi atti di violenza sessuale, nell'ambito delle procedure oggetto della presente direttiva possono tener conto, tra l'altro, del Manuale per un'efficace indagine e documentazione di tortura e altro trattamento o pena crudele, disumano o degradante (protocollo di Istanbul).

(32)

Nell'intento di garantire una sostanziale parità tra i richiedenti di entrambi i sessi, è opportuno che le procedure di esame siano sensibili alle specificità di genere. In particolare, i colloqui personali dovrebbero essere organizzati in modo da consentire ai richiedenti di entrambi i sessi che abbiano subito persecuzioni per motivi di genere di parlare delle esperienze passate. È opportuno tenere debito conto della complessità delle domande con implicazioni di genere nelle procedure basate sui concetti di paese terzo sicuro e di paese di origine sicuro o sulla nozione di domanda reiterata.

(33)

L'interesse superiore del minore dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell'applicazione della presente direttiva, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la Carta) e della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. Nella valutazione dell'interesse superiore del minore, gli Stati membri dovrebbero in particolare tenere debitamente conto del benessere e dello sviluppo sociale del minore, compreso il suo passato.

(34)

Le procedure di esame delle esigenze di protezione internazionale dovrebbero essere tali da consentire alle autorità competenti di procedere a un esame rigoroso delle domande di protezione internazionale.

(35)

Quando nell'ambito del trattamento di una domanda il richiedente è perquisito, tale perquisizione dovrebbe essere svolta da una persona dello stesso sesso. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicata una perquisizione effettuata per motivi di sicurezza sulla base del diritto nazionale.

(36)

Qualora il richiedente esprima l'intenzione di presentare una domanda reiterata senza addurre prove o argomenti nuovi, sarebbe sproporzionato imporre agli Stati membri l'obbligo di esperire una nuova procedura di esame completa. In tali casi gli Stati membri dovrebbero poter respingere una domanda in quanto inammissibile conformemente al principio della cosa giudicata.

(37)

Per il coinvolgimento del personale di un'autorità diversa dall'autorità accertante che conduce tempestivamente i colloqui sul merito di una domanda, il concetto di «tempestivamente» dovrebbe essere valutato rispetto ai termini previsti all'articolo 31.

(38)

Molte domande di protezione internazionale sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull'ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di prevedere procedure per l'esame dell'ammissibilità e/o del merito, che consentano di decidere delle domande sul posto in circostanze ben definite.

(39)

Nel determinare se nel paese di origine di un richiedente prevale una situazione di incertezza, gli Stati membri dovrebbero garantire l'ottenimento di informazioni precise e aggiornate da pertinenti fonti quali l'EASO, l'UNHCR, il Consiglio d'Europa e altre organizzazioni internazionali pertinenti. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che qualsiasi rinvio della conclusione della procedura rispetti pienamente gli obblighi ai sensi della direttiva 2011/95/UE e dell'articolo 41 della Carta senza pregiudizio dell'efficacia e dell'equità delle procedure previste dalla presente direttiva.

(40)

Criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di protezione internazionale è la sicurezza del richiedente nel paese di origine. Se un paese terzo può essere considerato paese di origine sicuro, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente, a meno che quest'ultimo non adduca controindicazioni.

(41)

Visto il grado di armonizzazione raggiunto in relazione all'attribuzione della qualifica di rifugiato ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi o ai beneficiari della protezione internazionale, si dovrebbero definire criteri comuni per la designazione dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.

(42)

La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base della designazione può tener conto soltanto della situazione civile, giuridica e politica generale in tale paese e se in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti colpevoli. Per questo motivo è importante che, quando un richiedente dimostra che vi sono validi motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

(43)

Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all'esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di protezione internazionale se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese.

(44)

Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di protezione internazionale se si può ragionevolmente prevedere che il richiedente, per un legame sufficiente con un paese terzo definito nel diritto nazionale, chieda protezione in detto paese terzo e vi è motivo di ritenere che il richiedente sarà ammesso o riammesso in quel paese. Gli Stati membri dovrebbero procedere in tal modo solo nel caso in cui il richiedente in questione possa essere sicuro nel paese terzo interessato. Per evitare movimenti secondari di richiedenti, si dovrebbero definire principi comuni per la presa in considerazione o la designazione, da parte degli Stati membri, di paesi terzi quali paesi sicuri.

(45)

Inoltre, per determinati paesi terzi europei che rispettano norme particolarmente elevate in materia di diritti dell'uomo e di protezione dei rifugiati, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di non procedere all'esame o all'esame completo delle domande di protezione internazionale dei richiedenti che entrano nel loro territorio in provenienza da detti paesi terzi europei.

(46)

Qualora gli Stati membri applichino i concetti di paese sicuro caso per caso o designino i paesi sicuri adottando gli elenchi a tal fine, dovrebbero tener conto tra l'altro degli orientamenti e dei manuali operativi e delle informazioni relative ai paesi di origine e alle attività, compresa la metodologia della relazione sulle informazioni del paese di origine dell'EASO, di cui al regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (6), nonché i pertinenti orientamenti dell'UNHCR.

(47)

Per favorire lo scambio sistematico di informazioni sull'applicazione nazionale dei concetti di paese di origine sicuro, paese terzo sicuro e paese terzo europeo sicuro nonché un riesame periodico da parte della Commissione dell'uso di tali concetti da parte degli Stati membri, e per preparare un'eventuale nuova armonizzazione in futuro, è opportuno che gli Stati membri notifichino alla Commissione o comunque la informino periodicamente dei paesi terzi a cui applicano i concetti. È opportuno che la Commissione informi periodicamente il Parlamento europeo sui risultati dei propri riesami.

(48)

Al fine di garantire l'applicazione corretta dei concetti di paese sicuro basati su informazioni aggiornate, gli Stati membri dovrebbero condurre riesami periodici sulla situazione in tali paesi sulla base di una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni di altri Stati membri, dell'EASO, dell'UNHCR, del Consiglio d'Europa e di altre pertinenti organizzazioni internazionali. Quando gli Stati membri vengono a conoscenza di un cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro, dovrebbero provvedere affinché sia svolto quanto prima un riesame di tale situazione e, ove necessario, rivedere la designazione di tale paese come sicuro.

(49)

Riguardo alla revoca dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i beneficiari di protezione internazionale siano debitamente informati dell'eventuale riesame del loro status ed abbiano la possibilità di esporre la loro opinione prima che le autorità possano prendere una decisione motivata di revoca del loro status.

(50)

È un principio fondamentale del diritto dell'Unione che le decisioni relative a una domanda di protezione internazionale, al rifiuto di riaprire l'esame di una domanda che sia stato sospeso e alla revoca dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria siano soggette a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(51)

A norma dell'articolo 72 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la presente direttiva non osta all'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

(52)

La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), disciplina il trattamento dei dati personali effettuato negli Stati membri a norma della presente direttiva.

(53)

La presente direttiva non contempla le procedure tra Stati membri disciplinate dal regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (8).

(54)

La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai richiedenti cui si applica il regolamento (UE) n. 604/2013, quale integrazione e lasciare impregiudicate le disposizioni di detto regolamento.

(55)

È opportuno che l'attuazione della presente direttiva formi oggetto di valutazioni periodiche.

(56)

Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire l'istituzione di procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere conseguito meglio a livello dell'Unione, l'Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(57)

Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (9), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.

(58)

A norma degli articoli 1, 2 e dell'articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l'articolo 4 di tale protocollo, detti Stati membri non partecipano all'adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.

(59)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente direttiva, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.

(60)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti nella Carta. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l'applicazione degli articoli 1, 4, 18, 19, 21, 23, 24 e 47 della Carta e deve essere attuata di conseguenza.

(61)

L'obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva 2005/85/CE. L'obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.

(62)

La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento nel diritto interno della direttiva 2005/85/CE, di cui all'allegato II, parte B,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Obiettivo

Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a) «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

b) «domanda di protezione internazionale» o «domanda»: una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell'ambito di applicazione della direttiva 2011/95/UE e che possa essere richiesto con domanda separata;

c) «richiedente»: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

d) «richiedente che necessita di garanzie procedurali particolari»: il richiedente la cui capacità di godere dei diritti e adempiere gli obblighi previsti dalla presente direttiva è limitata a causa di circostanze individuali;

e) «decisione definitiva»: una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide è concesso lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a norma della direttiva 2011/95/UE e che non è più impugnabile nell'ambito del capo V della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che l'impugnazione produca l'effetto di autorizzare i richiedenti a rimanere negli Stati membri interessati in attesa del relativo esito;

f) «autorità accertante»: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di protezione internazionale e a prendere una decisione di primo grado al riguardo;

g) «rifugiato»: il cittadino di un paese terzo o l'apolide che soddisfa i requisiti di cui all'articolo 2, lettera d), della direttiva 2011/95/UE;

h) «persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria»: il cittadino di un paese terzo o l'apolide che soddisfa i requisiti dell'articolo 2, lettera f), della direttiva 2011/95/UE;

i) «protezione internazionale»: lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria di cui alle lettere j) e k);

j) «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

k) «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona avente titolo alla protezione sussidiaria;

l) «minore»: il cittadino di un paese terzo o l'apolide di età inferiore agli anni diciotto;

m) «minore non accompagnato»: il minore non accompagnato quale definito all'articolo 2, lettera l), della direttiva 2011/95/UE;

n) «rappresentante»: la persona o l'organizzazione designata dagli organismi competenti per assistere e rappresentare il minore non accompagnato nelle procedure previste dalla presente direttiva, allo scopo di garantirne l'interesse superiore ed esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. L'organizzazione designata come rappresentante nomina una persona responsabile di assolvere le funzioni di rappresentanza nei confronti del minore non accompagnato, in conformità della presente direttiva;

o) «revoca della protezione internazionale»: la decisione di un'autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a una determinata persona, a norma della direttiva 2011/95/UE;

p) «rimanere nello Stato membro»: il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata o è oggetto d'esame;

q) «domanda reiterata»: un'ulteriore domanda di protezione internazionale presentata dopo che è stata adottata una decisione definitiva su una domanda precedente, anche nel caso in cui il richiedente abbia esplicitamente ritirato la domanda e nel caso in cui l'autorità accertante abbia respinto la domanda in seguito al suo ritiro implicito ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 1.

Articolo 3

Ambito di applicazione

1. La presente direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca della protezione internazionale.

2. La presente direttiva non si applica alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri.

3. Gli Stati membri possono decidere di applicare la presente direttiva nei procedimenti di esame di domande intese a ottenere qualsiasi forma di protezione che esula dall'ambito di applicazione della direttiva 2011/95/UE.

Articolo 4

Autorità responsabili

1. Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un'autorità che sarà competente per l'esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tale autorità disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente in numero sufficiente, per assolvere ai suoi compiti ai sensi della presente direttiva.

2. Gli Stati membri possono prevedere che sia competente un'autorità diversa da quella di cui al paragrafo 1 al fine di:

a)

trattare i casi a norma del regolamento (UE) n. 604/2013; e

b)

accordare o rifiutare il permesso di ingresso nell'ambito della procedura di cui all'articolo 43, secondo le condizioni di cui a detto articolo e in base al parere motivato dell'autorità accertante.

3. Gli Stati membri provvedono affinché il personale dell'autorità accertante di cui al paragrafo 1 abbia ricevuto una formazione adeguata. A tal fine essi predispongono formazioni pertinenti che comprendono gli elementi di cui all'articolo 6, paragrafo 4, lettere da a) a e), del regolamento (UE) n. 439/2010. Gli Stati membri tengono conto anche della pertinente formazione organizzata e sviluppata dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO). Le persone che conducono i colloqui con i richiedenti conformemente alla presente direttiva hanno altresì acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio, quali indicazioni che il richiedente potrebbe essere stato torturato nel passato.

4. Ove sia designata un'autorità a norma del paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché il relativo personale disponga delle conoscenze adeguate o riceva la formazione necessaria per ottemperare agli obblighi che ad esso incombono nell'applicazione della presente direttiva.

5. Le domande di protezione internazionale presentate in uno Stato membro alle autorità di un altro Stato membro che vi svolgono controlli di frontiera o sull'immigrazione sono trattate dallo Stato membro nel cui territorio è presentata la domanda.

Articolo 5

Disposizioni più favorevoli

Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva.

CAPO II

PRINCIPI FONDAMENTALI E GARANZIE

Articolo 6

Accesso alla procedura

1. Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un'autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l'immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

2. Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un'effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l'articolo 28.

3. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.

4. In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5. Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all'atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi.

Articolo 7

Domande presentate per conto di persone a carico o minori

1. Gli Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità di agire abbia il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale per proprio conto.

2. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda possa essere presentata da un richiedente a nome delle persone a suo carico. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché gli adulti a carico acconsentano a che la domanda sia presentata per conto loro, in caso contrario essi hanno l'opportunità di presentare la domanda per proprio conto.

Il consenso è chiesto all'atto della presentazione della domanda o, al più tardi, all'atto del colloquio personale con l'adulto a carico. Prima della richiesta di consenso, ciascun adulto a carico è informato in privato delle relative conseguenze procedurali della presentazione della domanda per proprio conto e del diritto di chiedere la protezione internazionale con domanda separata.

3. Gli Stati membri provvedono affinché il minore abbia il diritto di presentare domanda di protezione internazionale per proprio conto, se ha la capacità di agire in giudizio ai sensi del diritto dello Stato membro interessato, ovvero tramite i genitori o altro familiare adulto, o un adulto responsabile per lui secondo la legge o la prassi dello Stato membro interessato, o tramite un rappresentante.

4. Gli Stati membri provvedono affinché gli organismi appropriati di cui all'articolo 10 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (10), abbiano il diritto di presentare domanda di protezione internazionale a nome di un minore non accompagnato se, sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del minore, ritengono che questi necessiti di protezione ai sensi della direttiva 2011/95/UE.

5. Gli Stati membri possono determinare nel diritto nazionale:

a)

i casi in cui il minore può presentare per proprio conto una domanda;

b)

i casi in cui la domanda di un minore non accompagnato deve essere introdotta da un rappresentante a norma dell'articolo 25, paragrafo 1, lettera a);

c)

i casi in cui si ritiene che la presentazione di una domanda di protezione internazionale costituisca anche la presentazione di una domanda di protezione internazionale per eventuali minori non coniugati.

Articolo 8

Informazione e consulenza nei centri di trattenimento e ai valichi di frontiera

1. Qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l'accesso alla procedura di asilo.

2. Gli Stati membri garantiscono che le organizzazioni e le persone che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti abbiano effettivo accesso ai richiedenti presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono adottare norme relative alla presenza di tali organizzazioni e persone nei suddetti valichi e, in particolare, subordinare l'accesso a un accordo con le autorità competenti degli Stati membri. I limiti su tale accesso possono essere imposti solo qualora, a norma del diritto nazionale, essi siano obiettivamente necessari per la sicurezza, l'ordine pubblico o la gestione amministrativa dei valichi interessati, purché l'accesso non risulti in tal modo seriamente ristretto o non sia reso impossibile.

Articolo 9

Diritto di rimanere nello Stato membro durante l'esame della domanda

1. I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.

2. Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se l'interessato presenta una domanda reiterata ai sensi dell'articolo 41, o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo (11) o altro, o in un paese terzo, o presso un giudice o un tribunale penale internazionale.

3. Gli Stati membri possono estradare un richiedente in un paese terzo ai sensi del paragrafo 2 soltanto se le autorità competenti hanno accertato che la decisione di estradizione non comporterà il «refoulement» diretto o indiretto, in violazione degli obblighi internazionali e dell'Unione di detto Stato membro.

Articolo 10

Criteri applicabili all'esame delle domande

1. Gli Stati membri provvedono affinché le domande di protezione internazionale non siano respinte né escluse dall'esame per il semplice fatto di non essere state presentate tempestivamente.

2. Nell'esaminare una domanda di protezione internazionale, l'autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l'interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria.

3. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell'autorità accertante relative alle domande di protezione internazionale siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

a)

che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

b)

che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l'EASO e l'UNHCR e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

c)

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito conosca i criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati;

d)

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia la possibilità di consultare esperti, laddove necessario, su aspetti particolari come quelli d'ordine medico, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori.

4. Le autorità di cui al capo V, per il tramite dell'autorità accertante o del richiedente o in altro modo, hanno accesso alle informazioni generali di cui al paragrafo 3, lettera b), necessarie per l'adempimento delle loro funzioni.

5. Gli Stati membri prevedono norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell'esame delle domande.

Articolo 11

Criteri applicabili alle decisioni dell'autorità accertante

1. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di protezione internazionale siano comunicate per iscritto.

2. Gli Stati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda riguardante lo status di rifugiato e/o l

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione